La madre dell’aceto, questa sconosciuta
Anche domenica scorsa mi è stato chiesto (implorato) di procurare “un po’ di madre” in un vasetto per “un amico (ristoratore) disposto a pagare qualsiasi cosa”.
Senza poi parlare del cliente dagli Stati Uniti ha voluto che gli spedissi a tutti i costi un vasetto con dentro della madre, per poterla utilizzare nella sua produzione casalinga di aceto.
Un passo indietro. Ma cos’è ’sta madre?
Molti di noi l’avranno vista nelle botti o nelle damigiane dove i nonni mettevano i rimasugli del vino.
Quella sostanza gelatinosa che si forma (solitamente) sulla superficie del liquido. Un po’ blob, un po’ budino, sostanza semi-spaventosa che non si sa bene come trattare e che, nell’immaginario collettivo, è portatrice di rigogliosa vitalità millenaria.
Questa qui
Soggetta a pratiche tipiche a quelle di un neonato tipo: lavaggio, carezze, sostituzione dello strato piu’ vecchio etc … la madre dell’aceto è in realtà solo un veicolo.
Infatti non vorrei sfatare troppi miti ma a mio modesto parere sarebbe meglio (e talvolta più conveniente), comprendere come la madre, da sola, non è certo fondamentale per il nostro caro aceto.
E’ vero che nasce e che vive rigogliosa in quei sostrati (vino o altri fermentati, sidro di mela o di pera) “acetosi” MA non è detto che i batteri necessari all’acetificazione siano attivi e soprattutto che, se spostata in altri lidi, non è per niente detto che funzioni come starter perfetto
E questo per due motivi:
1- gli acetobatteri (i microrganismi che ossidano l’etanolo in acetaldeide e poi acido acetico) sono molto permalosi e rispondono perfettamente ad una delle leggi di Murphy: se li cerchi non arrivano, se li temi attaccano di sicuro
Come ha dimostrato anche il Prof. Giudici del dipartimento di scienze agrarie e degli alimenti dell’ Università di Modena e Reggio Emilia, è difficilissimo (praticamente impossibile) riprodurre culture starter di acetobatteri, nonostante si creino (in laboratorio) le migliori condizioni.
2- la madre non è nient’altro che cellulosa. Gli acetobatteri, nel loro instancabile lavoro, la producono probabilmente come “residuo” di lavorazione. Si forma a strati, uno sopra l’altro, sempre alla ricerca dell’aria, dell’ossigeno. Gli acetobatteri sono aerobici a più non posso.
Per questo la madre veniva spesso “rinnovata” prendendola fuori, “sfogliandola” e buttando gli strati vecchi e lavandola con aceto di vino per “rigenerarla”.
Ma ciò che la faceva funziononare non era certo la cellulosa di cui era composta, semmai il lavaggio stesso!
In più, come ogni veicolo, può portare passeggeri graditi, ma anche Sgraditissimi!
Una prova del fatto che la madre, altro non è che un bel foglio di carta?
Questa cosa rinsecchita è madre lasciata al sole, e’ scura perche’ ovviamente viene da vino rosso ma se fosse da vino bianco (o da sidro di mela etc…) e se la tenessimo bella tirata mentre si asciuga, diventerebbe una pergamena
Ma allora, se la madre non è utile, cos’è necessario utilizzare?
Se proprio poprio, tanto vale prendere un po’ di prodotto (il liquido) in acetificazione, che sia ovviamente sano, giovane e vigoroso (si può testare per vedere se nel tempo l’acidità è in salita) e semplicemente mescolarlo a quello che si vuole acetificare che dovrà, ovviamente, essere tenuto nelle migliori condizioni possibili ed ideali per l’acetificazione (caldo e aria).
Negli ultimi tempi l’attenzione si è spostata più sui veli che sulle madri.
Veli, così tanto ricercati nei mosti cotti per il Balsamico, assolutamente difficili da avere, sono comunque un segnale di grande attività.
Mi ero sempre chiesta che fosse quella sostanza gelatinosa che i miei nonni tenevano da parte.
Questo articolo è illuminante per capire meglio l’aceto. Non avrei mai pensato che ci fosse di mezzo un lavaggio.
Credo di aver capito tutto tranne l’epilogo: cosa sono i veli? Una parte della madre?
la colonia di acetobatteri che, se trova le giuste condizioni, può arrivare a formare la famosa madre!
ab